ZECA di Lionella Zenoni

ZECA di Lionella Zenoni

Descripción

Insieme al Distretto Urbano del Commercio abbiamo incontrato Sese, del grande negozio di Manifatture ZE-CA. Ecco la sua storia: 

 

La signora Lionella Agnese Zenoni – per tutti Sese – ci riceve nel grande negozio Manifatture ZE-CA di via Borgo Palazzo, tra tende e tessuti sorprendenti. 

Accanto a lei c’è la Signora Basilia, dipendente storica del negozio e sua “sorella del cuore” da sempre.

Basilia fu incaricata appena undicenne di occuparsi della piccola Sese, di qualche anno più giovane, e di insegnarle a camminare.

Entrambi i genitori erano infatti molto impegnati con il negozio, e la bambina, figlia unica, necessitava di qualcuno che l’accudisse.

Da allora le due donne sono inseparabili: cresciute come sorelle e sempre una accanto all’altra in tutti i momenti della vita.

“Era con me anche in sala parto!” dice Sese con orgoglio. 

Il nonno Carlo aveva iniziato ad occuparsi di tessuti fin da ragazzino facendo il “Copertino”, viaggiando ovunque e spingendo un carretto con un lumino sotto per vendere le proprie coperte (i “piazzamenti”) nelle contrade più lontane. Era uno dei famosi Coértì di Leffe.

Nel 1936 si fermò a Bergamo e vi aprì la sua prima bottega, facendovi lavorare anche il figlio Siro già in tenera età.

L’arrivo della guerra obbligò il nonno di Sese ad abbandonare la città, poiché si rifiutò di cucire i mantelli per i soldati fascisti, mentre suo figlio, deportato in Africa, fu dato per disperso e rientrò solo dopo ben sei anni.

Se l’era cavata ed era riuscito a salvarsi grazie alla sua intraprendenza e al fatto che sapesse fare un po’ di tutto, e fu questo che indusse due signore algerine a tenerlo presso la propria casa affinché riparasse ciò che non funzionava più, dandogli in cambio acqua e cibo e garantendogli così la sopravvivenza.

Al ritorno a Bergamo gli fecero una gran festa. “A mio padre volevano bene tutti!” ci dice Sese, “Anche perché dopo aver vissuto la guerra, che è stata per lui una scuola di vita, ha sempre dato tutto a tutti.”

Ci racconta che la casa, che aveva un cortile nel quale lei e Basilia giocavano accanto ai materassai, ospitò negli anni fino a quattordici famiglie. Chiunque affrontasse problemi bussava alla bottega del signor Siro e lui cercava soluzioni e si occupava di ognuno come fosse parte della famiglia.

“All’epoca era così, si aiutavano le persone vicine. Tutti avevano le spalle coperte.”

E nel caso di Siro, figlio del copertino di Leffe, non poteva che essere davvero così. 

“Papà si notava” dice Sese, “Era un uomo alto e sempre in abito. Era un tipo eclettico e con una grande passione per le auto.” Nemmeno una volta in pensione volle riposare e, quando gli si chiedeva dove stesse andando, rispondeva placido: “Dove mi porta la macchina.” E spesso nelle sue gite portava con sé i nipoti e gli amici dei nipoti, anche per garantirsi il numero e la compagnia per l’abituale partita a carte.

Ma la sua vera grande passione fu ogni anno l’allestimento in negozio del presepe di cui costruiva personalmente tutti i pezzi, gli abiti, il ruscello, il mulino. Ogni anno si recava all’Orrido a prendere i muschi e il tufo per le grotte.

Divenne così un tal evento per il borgo che ogni anno arrivavano scolaresche e personaggi importanti a vederlo: “Monsignor Spada non mancava mai e un anno arrivò anche l’attore bergamasco Giulio Bosetti.”

Poi qualcuno sentenziò che il presepe fosse solo una furbissima trovata pubblicitaria e il signor Siro, che di natura era un paciere, decise di spostarlo nel magazzino e conservarlo come uno dei suoi preziosi tessuti.

Sese ricorda di quando iniziò anche lei a lavorare in negozio: “Non avevo scelta” dice con un sorriso sereno, “Ero figlia unica e non potevo fare diversamente.”

Poi ripensa a quando andava a Milano con il padre a scegliere i materiali e i tessuti più belli, e il volto le si illumina.

Ci mostra alcuni scampoli di quelli che ha conservato meticolosamente, “perché mica si possono buttare”: sono tessuti ricercati, con lavorazioni sofisticate e colori incredibili, e Sese li sfiora con gentilezza, soffermandosi su ogni dettaglio. Poi, dopo un sospiro simile a quello degli innamorati, aggiunge con soddisfazione: “Questi sono l’enciclopedia sulla quale ho studiato io”.

 

Come il padre anche Sese ha sviluppato uno straordinario pensiero creativo che non l’abbandona mai. Quando non lavora, inventa e crea vestiti per sé e per i nipotini, oppure realizza complementi di arredo che poi spesse volte regala alle persone cui vuol bene.

“Perché sapete io ho capito una cosa: sono le persone a tenerti in vita. Di tutto il resto si può fare a meno.”

 


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Insieme al Distretto Urbano del Commercio abbiamo incontrato Sese, del grande negozio di Manifatture ZE-CA. Ecco la sua storia: 

 

La signora Lionella Agnese Zenoni – per tutti Sese – ci riceve nel grande negozio Manifatture ZE-CA di via Borgo Palazzo, tra tende e tessuti sorprendenti. 

Accanto a lei c’è la Signora Basilia, dipendente storica del negozio e sua “sorella del cuore” da sempre.

Basilia fu incaricata appena undicenne di occuparsi della piccola Sese, di qualche anno più giovane, e di insegnarle a camminare.

Entrambi i genitori erano infatti molto impegnati con il negozio, e la bambina, figlia unica, necessitava di qualcuno che l’accudisse.

Da allora le due donne sono inseparabili: cresciute come sorelle e sempre una accanto all’altra in tutti i momenti della vita.

“Era con me anche in sala parto!” dice Sese con orgoglio. 

Il nonno Carlo aveva iniziato ad occuparsi di tessuti fin da ragazzino facendo il “Copertino”, viaggiando ovunque e spingendo un carretto con un lumino sotto per vendere le proprie coperte (i “piazzamenti”) nelle contrade più lontane. Era uno dei famosi Coértì di Leffe.

Nel 1936 si fermò a Bergamo e vi aprì la sua prima bottega, facendovi lavorare anche il figlio Siro già in tenera età.

L’arrivo della guerra obbligò il nonno di Sese ad abbandonare la città, poiché si rifiutò di cucire i mantelli per i soldati fascisti, mentre suo figlio, deportato in Africa, fu dato per disperso e rientrò solo dopo ben sei anni.

Se l’era cavata ed era riuscito a salvarsi grazie alla sua intraprendenza e al fatto che sapesse fare un po’ di tutto, e fu questo che indusse due signore algerine a tenerlo presso la propria casa affinché riparasse ciò che non funzionava più, dandogli in cambio acqua e cibo e garantendogli così la sopravvivenza.

Al ritorno a Bergamo gli fecero una gran festa. “A mio padre volevano bene tutti!” ci dice Sese, “Anche perché dopo aver vissuto la guerra, che è stata per lui una scuola di vita, ha sempre dato tutto a tutti.”

Ci racconta che la casa, che aveva un cortile nel quale lei e Basilia giocavano accanto ai materassai, ospitò negli anni fino a quattordici famiglie. Chiunque affrontasse problemi bussava alla bottega del signor Siro e lui cercava soluzioni e si occupava di ognuno come fosse parte della famiglia.

“All’epoca era così, si aiutavano le persone vicine. Tutti avevano le spalle coperte.”

E nel caso di Siro, figlio del copertino di Leffe, non poteva che essere davvero così. 

“Papà si notava” dice Sese, “Era un uomo alto e sempre in abito. Era un tipo eclettico e con una grande passione per le auto.” Nemmeno una volta in pensione volle riposare e, quando gli si chiedeva dove stesse andando, rispondeva placido: “Dove mi porta la macchina.” E spesso nelle sue gite portava con sé i nipoti e gli amici dei nipoti, anche per garantirsi il numero e la compagnia per l’abituale partita a carte.

Ma la sua vera grande passione fu ogni anno l’allestimento in negozio del presepe di cui costruiva personalmente tutti i pezzi, gli abiti, il ruscello, il mulino. Ogni anno si recava all’Orrido a prendere i muschi e il tufo per le grotte.

Divenne così un tal evento per il borgo che ogni anno arrivavano scolaresche e personaggi importanti a vederlo: “Monsignor Spada non mancava mai e un anno arrivò anche l’attore bergamasco Giulio Bosetti.”

Poi qualcuno sentenziò che il presepe fosse solo una furbissima trovata pubblicitaria e il signor Siro, che di natura era un paciere, decise di spostarlo nel magazzino e conservarlo come uno dei suoi preziosi tessuti.

Sese ricorda di quando iniziò anche lei a lavorare in negozio: “Non avevo scelta” dice con un sorriso sereno, “Ero figlia unica e non potevo fare diversamente.”

Poi ripensa a quando andava a Milano con il padre a scegliere i materiali e i tessuti più belli, e il volto le si illumina.

Ci mostra alcuni scampoli di quelli che ha conservato meticolosamente, “perché mica si possono buttare”: sono tessuti ricercati, con lavorazioni sofisticate e colori incredibili, e Sese li sfiora con gentilezza, soffermandosi su ogni dettaglio. Poi, dopo un sospiro simile a quello degli innamorati, aggiunge con soddisfazione: “Questi sono l’enciclopedia sulla quale ho studiato io”.

 

Come il padre anche Sese ha sviluppato uno straordinario pensiero creativo che non l’abbandona mai. Quando non lavora, inventa e crea vestiti per sé e per i nipotini, oppure realizza complementi di arredo che poi spesse volte regala alle persone cui vuol bene.

“Perché sapete io ho capito una cosa: sono le persone a tenerti in vita. Di tutto il resto si può fare a meno.”